In tutto c'è una morale, se si sa trovarla.
Abbandonare una volta per tutte il proprio nido, si era rivelato più difficile di quanto non avrebbe mai creduto. Per anni aveva considerato l'idea di andarsene, partendo per un luogo lontano dove, finalmente, avrebbe potuto diventare ciò che più desiderava. Aveva accarezzato il sogno di essere un asso del mondo sportivo per così tanto tempo, che ora gli sembrava quasi di essersi in qualche modo tradito nell'aver poi optato per una strada che prima non avrebbe neanche mai preso in considerazione. Le cose per lui erano cambiate così, dal giorno alla notte, e anche se l'adrenalina ancora gli scorreva nelle vene e il profumo di una vita avventurosa non era poi così malaccio, sentiva in qualche modo di aver deluso il vecchio se stesso. Quello che solo due anni prima si era detto pronto a farla finita, dopo quel brutto incidente che aveva minacciato di stroncargli la carriera per sempre.
Se solo poco tempo prima il baseball era così importante da poter addirittura decidere quando e come porre fine alla sua esistenza, allora come mai adesso non era disperato al pensiero di non poter più essere semplicemente Misha, il ragazzino in fissa con lo sport? Entrare in contatto con un mondo tutto nuovo l'aveva già forse portato a dimenticare quello vecchio, quello in cui era cresciuto per la bellezza di diciassette anni?
Beh, di certo qualcosa di quella nuova vita gli piaceva.
Adorava essere una sorta di eroe, con tanto di arma divina caricata in spalle e missioni importanti da portare a termine. Adorava indossare una divisa ed essere consapevole di appartenere a qualcosa di grande, senza cui altri avrebbero patito pene inimmaginabili. Adorava sentirsi appagato giorno dopo giorno, neanche avesse salvato l'intero universo anziché una persona sola alla volta.
Scoprire di essere un Esorcista era bastato a risollevarlo dagli ultimi sprazzi di depressione, che ancora avevano avuto la forza di fargli annegare il cuore in un mare di stolta inadeguatezza. Suo padre glielo aveva sempre detto che era destinato a grandi cose, tuttavia Misha lo aveva ascoltato con poca attenzione poiché convinto che non esistessero genitori, sulla Terra, capaci di dire il contrario ai propri figli. Adesso aveva la prova tangibile di essere uno dei pochi eletti, capaci di fare la differenza, di portare un vero cambiamento all'interno della comunità anche se in minima parte. Per lui sarebbe stato già tanto eliminare qualche losco individuo dalle strade, rendendole un poco più sicure, evitando così che in futuro altri bambini perdessero un parente per colpa di qualcuno con l'animo nero, di un malvagio, di un essere cui importava poco o niente delle conseguenze che le proprie orribili azioni potevano portare.
Il ragazzo lanciò in aria la sua pallina porta fortuna, facendola poi roteare sulla punta del dito indice mentre, con l'altra mano in tasca, si dirigeva placidamente verso un punto imprecisato della cittadina. Di recente aveva avuto così tanti pensieri per la mente, che di rado era riuscito a prendersi una giornata da dedicare unicamente a se stesso e alle proprie passioni. Quella mattina si era divertito a giocare con un gruppo di ragazzini al vecchio campo, quello poco distante dal municipio, e ora si sentiva esattamente come un bambino il giorno di Natale: gli pareva di aver appena scartato il migliore dei regali, e questo lo confondeva visto che si era detto del tutto convinto a lasciar da una parte il suo iniziale sogno fanciullesco. Ormai non poteva più pensare ad una carriera sportiva, aveva ben altro a cui dedicarsi, eppure il piacere d'aver potuto condividere la propria vecchia passione con qualcuno era stato davvero piacevole. Forse anche troppo. Aveva voglia di farsi un'altra partita, nonostante avesse altri impegni con la scuola.
"Poco male" si disse, calandosi meglio il cappello sugli occhi. Il sole stava cominciando a dargli alquanto fastidio, però mantenne lo stesso il suo perenne sorriso. Poche cose avrebbero potuto rovinargli la giornata. "Arrivato al dormitorio, farò qualche lancio."
Stava già per accelerare il passo, quando il pianto di un piccolo pargoletto lo ridestò da ogni congettura. Veloce si voltò verso un bar, osservando con non poco rammarico la scena che gli si offriva inanzi: alcuni uomini si stavano occupando di quello che aveva tutta l'aria di essere l'ennesimo trovatello della città, sintomo di un dilagante disagio nei quartieri più poveri dove, lo si sapeva, si tendeva a mettere al mondo più figli di quanti non se ne potessero permettere. Gli si spezzò il cuore nel vedere come quegli individui si stavano addossando l'onere di prendersene cura mentre, le forze dell'ordine, erano sulla loro strada per raggiungerli.
Subito, senza neanche riflettere, si avvicinò al gruppetto di gentiluomini e prese in braccio il piccino, facendolo saltare in aria. Il pargolo dapprima smise solamente di piangere e poi, una volta che si fu tranquillizzato, scoppiò in una dolcissima risata.
Misha sorrise, giocandoci ancora.
«Ci penso io a lui, fino a che non arriva qualcuno.» sentenziò, lanciando un'occhiataccia di rimprovero ai presenti, i quali non poterono fare a meno di sentirsi imbarazzati nel constatare che un semplice adolescente possedeva più decisione di tutti loro messi assieme. «...magari, intanto, portatemi un gelato al cioccolato. Con tanta panna!»
Rise, mettendosi seduto.
...e, anche per quella giornata, aveva fatto la sua buona azione.
L'ennesima.